Ultimatum dall’UE all’Ungheria. “Rimuovi la legge sull’omofobia”. Leader europei divisi sulla Russia – Corriere.it

Dai movimenti del giorno prima era chiaro che questo non sarebbe stato un semplice Consiglio europeo. Germania e Francia hanno chiesto di esaminare la possibilità di un vertice UE-Russia. Il primo ministro olandese Mark Rutte ha affermato che solleverà la questione della legge ungherese che vieta la rappresentazione dell’omosessualità ai minori. Inoltre, 17 leader dell’UE si sono presentati con una lettera pubblica per difendere i diritti della comunità LGBTI. L’agenda è stata stravolta. Le discussioni furono lunghe e il Consiglio continuò fino a notte fonda.

Per avere un’idea del clima bastano le parole di Rutte a margine del Consiglio europeo: “Secondo me, nell’Ue non c’è più spazio per l’Ungheria”. E durante la discussione, definita “emozionante” da una fonte europea, ha invitato il primo ministro ungherese Viktor Orbán a utilizzare l’articolo 50, quello dell’uscita dall’Unione. Orbán ha sostenuto che quella approvata “non è una legge contro gli omosessuali, è a favore di genitori e figli”, e ha aggiunto che “è già in vigore”. Quindi niente senno di poi. Il leader svedese Stefan Löfven ha sollevato una questione spinosa: “I contribuenti svedesi non sono interessati a destinare fondi a coloro che non rispettano i nostri valori. A tutela del bilancio Ue, ora c’è il meccanismo dello stato di diritto, invocato anche dal Parlamento europeo. Il primo ministro Mario Draghi ha ricordato che “spetta alla Commissione stabilire se l’Ungheria stia violando o meno il trattato”. La Commissione ha già inviato una lettera a Budapest, che ha tempo fino alla fine di giugno per rispondere, per segnalare diverse violazioni delle direttive sui servizi di media audiovisivi, sul commercio elettronico e sulla Carta dei diritti fondamentali, che potrebbero portare a un reato procedurale.

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Altro le relazioni tra l’UE e la Russia. La cancelliera tedesca Angela Merkel, prima di partire per Bruxelles, ha spiegato al Bundestag che l’Ue dovrebbe avere un rapporto indipendente con Mosca, anche se complementare a quello degli Stati Uniti: “Serve un contatto diretto dell’Ue con la Russia”, ha detto, aggiungendo che “non basta che lo abbia fatto Joe Biden”. Un’apertura condivisa dal presidente francese Emmanuel Macron, il quale ritiene che l’Ue debba “difendere i propri interessi”. Draghi ha anche sostenuto la proposta franco-tedesca di rivedere i format dell’incontro con Mosca. Ma non gli piace Polonia, Svezia e i tre paesi baltici, molto sospettosi della Russia. Anche il primo ministro Rutte non è favorevole a un incontro con il presidente russo Vladimir Putin (lo schianto del volo MH17 della Malaysia Airways in Ucraina, in cui sono morti molti olandesi), ma non ha nulla contro l’altro. Tuttavia, è uscito dal cosiddetto formato Washington (Francia, Germania, Italia, Spagna e Paesi Bassi) che potrebbe essere utilizzato in un vertice con Putin in autunno. Roma è uno dei Paesi che condivide con Mosca la linea del “selettivo impegno”, cioè rispondere dove necessario, interagire dove possibile, ed è favorevole a mantenere aperti i canali di comunicazione.

paradossalmente la questione migratoria, solitamente la più controversa, era la meno complessa da affrontare: i leader dell’UE si sono concentrati sulla dimensione esterna (nessuna ricollocazione) e hanno approvato questa parte delle conclusioni senza discussione. Invitano la Commissione e l’Alto Rappresentante Josep Borrell, “in stretta collaborazione con gli Stati membri, a presentare piani d’azione per i paesi prioritari di origine e transito nell’autunno 2021“. Per il presidente del Parlamento europeo David Sassoli “la dimensione esterna da sola non basta se non sappiamo darci una politica interna comune in materia di migrazione e asilo” e “non è moralmente accettabile” non affrontare le questioni di migrazione e asilo “perché hanno un impatto sulle campagne elettorali degli Stati membri”. Si vota in Germania a settembre e in Francia nella primavera del 2022.

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Il Consiglio ha inoltre chiesto alla Commissione di preparare “senza indugio” proposte per finanziare l’assistenza ai rifugiati siriani in Turchia (rinnovando l’accordo esistente), Giordania e Libano e in altre aree della regione secondo le indicazioni del vertice dello scorso marzo e nel quadro della politica dell’immigrazione dell’UE. Le cifre sul tavolo sono 3,5 miliardi per la gestione dei rifugiati in Turchia e 2,2 miliardi per i rifugiati in Libano e Giordania. L’Ue è pronta a collaborare con Ankara in alcuni settori, ma “lo Stato di diritto ei diritti fondamentali restano una grande preoccupazione”.

25 giugno 2021 (modificato il 25 giugno 2021 | 00:42)

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