Un Clasico rivoluzionario, ma il primo a Valdebebas non è una novità assoluta: dal Miami Superbowl alle docce 5-6 di Barquisimeto | Prima pagina

Siamo sempre stati abituati a goderci il Clásico nelle case del Real e del Barca, il Santiago Bernabeu e il Camp Nou, due delle cattedrali più storiche e affascinanti del pianeta. Domani sera si cambia e si giocherà il Clásico nell’annesso del Madrid. La pandemia – e la mancanza di spettatori – ha spostato lo spettacolo nello stabilimento di Valdebebas, lo stadio dove crescono i piccoli Blancos. Questa è la diciottesima volta nella storia che il Clásico si svolge in uno stadio diverso dal Bernabeu o dal Camp Nou.

Quattro anni fa – luglio 2017 – si giocava a Miami, all’Hard Rock Stadium, il Clásico (amichevole). Non c’era niente in ballo tranne una raccolta stratosferica: 12 milioni di dollari, da spaccare in due. Fai le valigie adesso e vai. La sfida aveva un nome eloquente – “International Champions Cup” – ed era il capo dei Miami Dolphins Stephen Ross a volerla. L’idea era che ogni anno a Miami si giocasse un “Superbowl” di calcio. Poi non ne è venuto fuori nulla e l’esperimento non è stato seguito. In Italia è andato in onda a tarda notte. Tuttavia, è stato un vero e proprio abbinamento, secondo la tradizione, al Barca c’era Neymar che non vedeva l’ora di partire (e infatti era l’estate del trasferimento al PSG per la cifra di 22 milioni di tutti i tempi), mentre a Madrid – pensateci – si parlava dell’imminente arrivo del giovanissimo Mbappè (che invece è finito al PSG Monaco). Valverde era appena arrivato sulla panchina del Barca, aveva preso il posto di Luis Enrique. Finisce 3-2 per il Barça, partita decisa da un gol di Pique all’inizio del secondo tempo.

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In realtà, il primo Clásico giocato fuori dalla Spagna risale al 31 maggio 1982 e si è svolto in Venezuela. Barcellona e Real furono invitate dall’allora presidente Luis Herrera Campìns, insieme a Inter e Porto. Barca e Real si sono incontrati al Farid Richa di Barquisimeto, non a Caracas, come inizialmente previsto, davanti a poco meno di mille spettatori, 700 dicono alcune fonti. Era la terza finale. La stagione calcistica era finita, quell’estate le nazionali gareggiarono nel Mundial 1982, che si sarebbe dovuto giocare in Spagna. Il Barcellona aveva appena chiuso molto, con l’acquisto del 22enne Diego Armando Maradona, che si stava infatti preparando per il suo primo Mondiale. Il Real ha mandato le riserve in Venezuela, il veterano più rappresentativo è stato il centrocampista Vicente Del Bosque, pilastro del Madrid, che poco meno di trent’anni dopo sarebbe diventato l’allenatore del campione del mondo di Spagna: è stato lui a segnare il gol della vittoria ma – recentemente intervistato – ha dichiarato di non ricordarsi più di questa partita. Stessa storia a Barcellona, ​​che si è presentata con i giovani – Salva, Valor, Clos – che poi non avevano una carriera all’altezza delle aspettative. Nessuno voleva giocare a questo gioco. C’era un’umidità folle, i giocatori hanno riferito di essere costretti a fare la doccia 5-6 volte al giorno. C’era anche il nazionale danese Alan Simonsen (Pallone d’Oro nel 1977), ma aveva il naso lungo: sarebbe stato “tagliato” poco dopo per far posto a Maradona. Curiosità finale: come detto c’era anche l’Inter, che ha vinto il torneo estivo dedicato al presidente del Venezuela, battendo il Real 1-0 (gol di Serena), poi il Porto ai rigori, dopo il 2-2 del tempo regolamentare (raddoppiato dal Gennaio)). Ai nerazzurri si sono aggiunti Tacconi e Vignola dell’Avellino e Giovannelli della Roma.

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Infine, c’è da dire che il Clásico ha giocato – tra il 1959 e il 1968 al Torneo Carranza – anche a Cadice, poi al Mestalla di Valencia, al Romareda di Saragozza e in casa dell’Atletico Madrid. Stasera si alza il sipario su un altro nuovo terreno, Di Stefano.

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